Ecco il testo dell’omelia che mons.Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha pronunciato in occasione del solenne Pontificale dell’Immacolata nella Basilica dell’Immacolata di Agrigento.

Oggi lasciamoci affascinare dalla bellezza di Maria: Lei è la tutta bella. È mamma e sorella da contemplare, anche perché ciò che di Lei si può dire è sempre poco e incompleto. La Chiesa ce la presenta Immacolata, graziosissima, capolavoro di Dio, «Miracolo di natura e di grazia. Bellezza inenarrabile. Splendidissima aurora. Ministra del trionfo. La tutta Santa … Colei a cui è toccato il prodigio unico di essere immacolata, perfettissima, puris¬sima…» (Paolo VI).

La Sua bellezza parte dal cuore, per questo nelle litanie La chia-miamo rosa mistica; è luminosa, noi l’invochiamo stella del mattino; è armonia, la preghiamo madre ammirabile; Lei “nuova Eva”, per noi è specchio e riflesso di Dio. La sua bellezza però non appartiene ai nostri canoni estetici: non è quella ridotta a cosmesi, a vuota perfezione di linee governata dalla preoccupazione dell’apparenza, spesso fugace, frivola e qualche volta artificiale. Maria invece è bella sì di aspetto ma anche di carattere, decisa e pronta, non conosce ruga, non è guastata dal tempo, perché è fatta di santità. La tradizione cristiana paragona la bel¬lezza di Maria a quella della luna. Come la luce della luna è riflesso del sole, così l’Immacolata è luce riflessa della Trinità. Se Cristo è il giorno che non cono¬sce tra¬monto, Maria ne è l’aurora che splende.

L’arcangelo Gabriele, contemplandoLa stupito, si rivolge a Lei di-cen¬doLe: “Rallegrati, o piena di grazia di bellezza – il Signore è con te”. Queste parole significano che Maria è unica, perché in Lei è perfetta la sintonia e l’armonia tra vero e bene, tra anima e corpo, Lei è la «terra che Dio ha lavorato, è l’argilla lavorata dalle mani dell’artista divino» (Andrea di Creta).
Maria, donna del sì, è piena di speranza e di amore, è luce, dolcezza, bontà e misericordia, per questo affascina. La fanno bella anche le cose che riempiono la nostra vita: per lei donna di paese il grembiule di casalinga, la scopa e gli strofinacci, l’ago per rattoppare e rivoltare i vestiti di Giuseppe e di Gesù. Il Suo volto ha conosciuto il rossore e lo stu¬pore, la dolcezza del sorriso e la tri-stezza del pianto.

Nonostante Maria, l’Immacolata, sia unica, tuttavia in Lei con-templiamo cosa Dio ha pensato per noi. Dio dandoci la vita ha pensato per noi la stessa bellezza, ma non è stato possibile a causa del peccato di Eva e di Adamo. È scritto nella Bibbia: “Ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto” (Ef 1,4). Anche per noi ha esclamato: “E’ davvero bello!”. E da allora che portiamo i Suoi segni e le Sue impronte. Ma non si è arreso, perché ci destina a questa bellezza quando, col suo: “Venite benedetti”, ci chiamerà nella sua gloria e “saremo simili a Lui e Lo vedremo così come Egli è” (1 Gv 1,3). La bellezza sarà il nostro destino. Ma lo sarà a condizione che già da ora la cerchiamo e la amiamo. Questo significa vivere una vera amicizia con Dio. Lei, con la sua bellezza, non contaminata dal peccato, non ci lascia soli nel nostro cammino, anche se irto di ostacoli e difficoltà.
Madre Teresa di Calcutta, che fisicamente non era certo un mo-dello di bellezza da rotocalco, aveva però quel “qualcosa in più” che lasciava sorpresi, – ho avuto anch’io questa sensazione incontrandola – si sentì dire da una giovane donna: “Quanto sei bella, Madre!”. Un’anziana, da lei aiutata nel momento della morte ormai vicina, con un fil di voce, le disse: “Non so se Dio esi-ste, ma se c’è deve avere la tua faccia”.

La bellezza suscita sempre stupore, perché parla il linguaggio dell’amore. Quando e dove c’è amore l’uomo diventa bello e pulito. La bellezza poi fa percepire la presenza di Dio in ciò che ci circonda, anche là dove sembra impossibile. Per San Paolo addirittura la croce è bella in quanto è strada per la gloria. Certo, se si riesce a coglierla anche sul viso deturpato di Cristo, è perché Lo si guarda con gli occhi del cuore. Gesù sfigurato è bello perché il suo volto manifesta la bellezza e la potenza dell’amore di Dio. La bellezza salverà il mondo perché trasforma lo sguardo dell’uomo, lo fa andare oltre l’aspetto esteriore; in fondo essa non è nelle cose, ma nello sguardo di chi ammira con amore. Senza bellezza si cade nella dispe¬razione!

Starete chiedendovi perché parlo di bellezza, quando ci sono problemi e situazioni più gravi da affrontare. Lo rifaccio di proposito, anche se so di dare fastidio a qualcuno. Non voglio fare né il giudice né il giustiziere (non mi sento Robin Hood), ma sono convinto che abbiamo bisogno di parlare di bellezza se vogliamo riscattare noi stessi e la nostra città dalle sabbie mobili della rassegnazione, dell’indolenza e dell’indifferenza. Se non riusciremo a vedere le tracce dei frammenti di bellezza presenti nella nostra città, e continueremo ad affogare lentamente sottolineando solo il negativo e il brutto, perderemo un po’ alla volta anche l’ interesse per il bene, necessario per una buona convivenza. Si, è vero, si può vivere senza bellezza, ma si vive male. È quanto mai necessario e urgente ripulire cuore e occhi per vedere noi stessi e la nostra città coi colori giusti e veri.
Cerchiamo e salviamo la bellezza di questa nostra città, lasciamoci sorprendere da essa, riappropriamoci della nostra città, ridiamole bellezza e ci regaleremo speranza, non mutiliamola di ciò che ancora ha ed è, facciamolo per sentire la gioia e l’orgoglio di essere agrigentini. Una casa chiusa e oscura, in cui il padrone si sente estraneo, cade in abbandono e si riempie di polvere e di sporcizia. La città siamo noi e solo il nostro amore potrà rendere Agrigento più bella. Anche se, devo confessarlo, c’è una domanda che mi faccio speso: ma Agrigento è abitata da agrigentini? Qualche volta viene il dubbio. Mi è venuto anche ultimamente quando ci siamo trovati ultimi in classica. Nessuna reazione, come se la cosa riguardasse altri. Forse dovremmo tutti riprendere in mano la grammatica per ricordare che i verbi non si coniugano soltanto al passato, ma anche al presente e al futuro. Nella grammatica agrigentina invece sembra che esistano solo i verbi al passato. Guardiamo avanti. Questa città ci chiede il futuro. Agrigento è come un’aquila desiderosa di spiccare il volo e andare in alto, ma ha un’ala ferita che la tiene ferma, mentre l’altra continua a muoversi. Se riusciremo a far sì che tutte e due battano insieme l’aquila sarà capace di puntare verso il sole.
E poi se c’è la bellezza, nonostante le contraddizioni, le paure e le angosce, scopriremo che c’è posto per Dio tra noi. Lui ci dice che la bellezza è bontà, semplicità, impegno, grazia, gioia, sa¬pienza, capacità di sogno. Ci chiede di fare la nostra parte! Ma tutto que-sto non è roba da supermercato, è capitale che possiamo trovare solo dentro di noi.
Scriveva Dostoevskij: “Sappiate che senza l’inglese l’umanità po-trebbe ancora vivere, senza la Germania pure, senza l’uomo russo lo potrebbe anche troppo bene, potrebbe senza la scienza, o senza il pane; solo senza la bellezza non potrebbe vivere, perché non ci sarebbe nulla più da dare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui. La stessa scienza non resisterebbe un minuto senza la bellezza, si convertirebbe in volgarità”.
Una città che i suoi abitanti non riescono a volere bella è una città senza identità, senza modelli positivi, senza la gioia delle buone relazioni, senza cultura che diventi oc¬casione di incontro, senza nulla che faccia sussultare il cuore. È una città che rischia di diventare un recipiente destinato alla rottamazione.

Affidiamo a Maria, bedda matri, la nostra città, i nostri bambini e i nostri giovani: nostra speranza e nostro futuro. AffidiamoLe anche le nostre famiglie perché riscoprano la bellezza e la dignità del loro amore e possano vivere con serenità il presente e il futuro. ChiediamoLe che l’impegno di tutti noi produca la bellezza necessaria per vivere bene e far vivere bene la nostra città. Auguri!

Francesco Montenegro
Arcivescovo