“Quando un frutto (l’Arancia) dà un nome a un colore, l’arancione, vuol dire che è stato molto importante per una civiltà”.
Con queste parole comincia il servizio di Eugenio Barbieri, andato in onda stamattina su RAI 1 dopo le ore 11, nell’ambito della trasmissione “A Conti Fatti”.
“Fino all’arrivo dell’arancia, l’arancione era stato considerato come un rosso” − e qui Barbieri mostra una meravigliosa Arancia Washington Navel del fondo Azienda Cufalo appena raccolta. “La testimonianza di questa mancanza di colore − spiega l’operatore RAI − rimane ancora in molte locuzioni come gatto rosso, pesce rosso, capelli rossi, che in realtà sono arancioni!”
Sia Eugenio, sia il suo fidato aiutante, il cineoperatore RAI Enrico, sono rimasti incantati dalla natura rigogliosa e dallo spettacolo degli alberi di arancio ancora col frutto pendente dell’agrumeto di contrada Verdura, presso l’azienda agricola Nino Cufalo in territorio di Sciacca (AG) dove si è svolta l’intervista con la presenza di alcuni produttori confinanti, come Giovanni Marrone.
“Qual è la peculiarità dell’arancia Washington Navel?” − ha chiesto Eugenio ad un affabile e loquace agricoltore quale è Nino Cufalo, da oltre quarantanni dedito alla coltivazione di agrumi e storico testimone del passaggio dall’arancia cosiddetta “Portual”, dall’arancia con il seme, all’arancia senza semi a polpa bionda quale la pregiata Arancia Washington Navel: “raggiunge un grado di dolcezza ottimale, è molto succosa” − ha detto Nino Cufalo, spiegando che l’arancia coltivata nel comprensorio di Ribera e Sciacca ha la caratteristica unica di essere dolce con appena una punta di agro, senza essere per questo sdolcinata.
“Le arance vanno colte mature in pianta perché non maturano come le mele” − ha poi precisato un informato Eugenio Barbieri che di mestiere fa l’agricoltore ed anche per questo avverte con particolare sensibilità tutte le difficoltà del fare agricoltura oggi; infatti, Eugenio ha domandato all’intervistato se si sta accorgendo di qualcosa a livello di cambiamenti climatici. Nino Cufalo ha risposto dicendo che ci sono delle infestazioni di insetti, che prima non avevamo, come la mosca bianca ed altri funghi che hanno cominciato a proliferare per i cambiamenti di temperature sia estive, sia invernali.
“Capita di avere giornate estive calde umide o meno calde, bombe d’acqua improvvise, grandinate e vento, ci stiamo un po’ tropicalizzando” − ha osservato un attento Barbieri.
“Il colore arancione, va detto, non ha nulla a che fare con il grado di maturazione, le arance infatti diventano arancioni alle nostre latitudini, perché le escursioni termiche notturne degradano la clorofilla presente a livello di buccia, mettendo in evidenza il colore sottostante. Invece, nei paesi di origine, le arance rimangono verdi”. Per questo Eugenio si domanda se in futuro avremo ancora le arance di colore arancione, fermo restando che, a causa dei cambiamenti climatici, l’agricoltura dovrà cambiare e adeguarsi.
Nino Cufalo, sulla base della propria personale esperienza di agricoltore, valuta già oggi i cambiamenti intervenuti nel tipo di produzione, nella grandezza del frutto, nelle caratteristiche della buccia: “ci sono delle piccole sfumature che di anno in anno si aggiungono alle caratteristiche di base” − ha spiegato all’intervistatore RAI.
“Più delle calamità naturali, per le quali non possiamo fare nulla, quel che danneggia l’agricoltura più di tutto sono le politiche agricole, verecalamità innaturali – ha precisato Nino Cufalo − stabilite spesso da chi non ha mai fatto un giorno di lavoro in agricoltura e che, tuttavia, impone delle tassazioni, come l’Imu agricola, che sono insopportabili”.
La definizione di calamità innaturale o umana ha molto divertito e convinto Eugenio Barbieri, che si è complimentato con Nino Cufalo per quella che lo stesso Barbieri non ha esitato a definire un’autentica perla di saggezza contadina, l’espressione “calamità innaturale”.