Gli effetti del catastrofico terremoto che nel 1968 ha colpito la Valle del Belice in Sicilia sono ancora percepibili visitando i paesi interessati. L’estesa opera di ricostruzione e di restauro avviata negli anni seguenti è stata condizionata dall’agire in stato di emergenza, sebbene si sia svolta con grande lentezza e, ancora oggi, dopo quarant’anni, le operazioni per sanare i danni prodotti dalle scosse non possano considerarsi concluse. Non è semplice accertare l’entità dei finanziamenti erogati per gli interventi nelle aree colpite dal sisma, ma sono stati ingenti e largamente distribuiti nella Sicilia occidentale per consolidare molte architetture storiche dissestate.
Nonostante la “Carta di Venezia per il restauro e la conservazione di monumenti e siti” nel 1964 avesse già dichiarato che l’unità stilistica del monumento non fosse da considerare l’obiettivo degli interventi, negli anni Settanta del XX secolo molti operatori manifestavano una scarsa sensibilità nei confronti dell’autenticità e del rispetto delle stratificazioni. Anche i dettami della “Carta Italiana del Restauro” del 1972 risulteranno spesso disattesi, dovendo intervenire su edifici sconquassati dal sisma, spinti dal desiderio di recuperare le lacerate identità locali.
Nei centri terremotati, in molte occasioni si è abusato con le opere di consolidamento, demolizione e ripristino ma, tra i pochi restauri condotti secondo l’indirizzo culturale condiviso della disciplina del Restauro, devono essere menzionati due interventi progettati a Santa Margherita di Belice, rifiutando ogni scontata o nostalgica ricostruzione à l’identique.
Due interventi bene allineati alla più evoluta cultura del restauro hanno vinto l’inerzia delle cose attualizzando due architetture allo stato di rudere attraverso azioni progettuali fondate sulla rigorosa conservazione dell’irriproducibile sostanza materica superstite e sulla raffinata e sensibile ridefinizione degli involucri architettonici, interpretati come ultima stratificazione contemporanea.
Il Convegno “Restauro Instauro”, organizzato da Gaspare Massimo Ventimiglia, docente di restauro nel corso di laurea in Architettura del Polo Universitario di Agrigento, con il contributo dell’Associazione NonSoStare, vuole focalizzare l’attenzione sugli interventi progettati da Alfonso Cimino nella ex Chiesa Madre e da Michele Benfari nella chiesa della Madonne delle Grazie, a Santa Margherita. La restauratrice Caterina Balistreri illustrerà gli interventi di restauro degli antichi stucchi, esposti alle intemperie per decenni.
All’apertura dei lavori, interverranno il presidente della Scuola Politecnica dell’Università di Palermo Maurizio Carta, il sindaco di Santa Margherita di Belice Franco Valenti, il presidente dell’Istituzione Tomasi di Lampedusa Matteo Raimondi, il responsabile per i beni culturali ecclesiastici della Curia di Agrigento Padre Giuseppe Pontillo e, infine, è attesa la presenza di Sua Eminenza il Cardinal Francesco Montenegro Arcivescovo di Agrigento.
Francesco Tomaselli, professore ordinario di restauro dell’Università degli Studi di Palermo, chiuderà il ciclo d’interventi con una riflessione sul valore d’autenticità materiale delle testimonianze del passato nell’orizzonte contemporaneo del Restauro architettonico. Le attività del Convegno, dopo avere visitato le architetture restaurate con la guida dei progettisti e direttori dei lavori, si concluderanno al Museo della Memoria.
Nel panorama delle ricostruzioni dopo tragici eventi calamitosi emergono le scelte progettuali compiute a Santa Margherita sui monumenti distrutti, esemplari per avere dato una forma progettuale contemporanea all’etica ed alla scienza della conservazione.