di Angelo Palillo

La casa di Gellia, ovvero quella che fu identificata come una delle sue possibili dimore, nei secoli scorsi è stata localizzata da alcuni archeologi che studiarono l’antica Akragas. Uno di questi George Dennis, diplomatico e archeologo inglese, grande viaggiatore, autore di numerosi lavori sull’archeologia, ne riporta una precisa descrizione: “Un po’ all’interno della Porta del Mare (Porta Aurea) e non lontano dal tempio di Ercole devono essere individuate alcune sostruzioni, le quali in mancanza di un nome migliore sono state chiamate come “la Casa di Gellia”. La dimora di questo illustre cittadino di Agrigento dovrebbe tuttavia essere riconosciuta dalle meravigliose cantine che sono state scavate nella roccia sottostante la casa. Diodoro cita Polyelitus, come afferma nella sua storia, il quale quando era un soldato nella città di Agrigento ha visto queste cantine in cui c’erano 300 vasche scavate nella roccia, ciascuna delle quali conteneva 100 anfore e che nei loro pressi c’era una cisterna riparata con mastice in grado di contenere 1000 anfore e da cui il vino scorreva nei vasi. Gellia era il più ricco e al tempo stesso il più accogliente di tutti Agrigentini. La sua casa era piena di camere per l’accoglienza di ospiti ed era così ansioso di esercitare la virtù dell’ospitalità che usava i servi per posizionarli alla sua porta per inviare gli stranieri ad entrare”.
Come Dennis abbia acquisito queste informazioni non è dato sapere ma l’archeologo inglese visitò più volte la Sicilia nella metà dell’ottocento collaborando anche alla stampa di una guida sull’Isola. Non molto distante dalla zona decritta da Dennis si trova la grotta Fragapane di periodo paleocristiano, la quale però mostra un ripetuto utilizzo di costruzioni di epoca greca presente nell’area.
Sulla reale esistenza del personaggio Gellia o Tellia nell’antica Akragas non dovrebbero esserci dubbi. Le testimonianze di storici del passato come Ateneo, Timeo, Valerio Massimo, Diodoro, Policleto, sono da considerare attendibili. Esiste poi una moneta di Akragas che Filippo Paruta nel suo libro sulle medaglie della Sicilia del 1647 attribuisce a Gellia, con la testa di Cerere nell’altro lato, che tra l’altro dovrebbe essere la sua unica raffigurazione esistente.
La puntuale citazione di Dennis sulla ubicazione della cosiddetta “casa di Gellia”, in passato, poteva essere verificata soltanto grazie ad un’apposita campagna di scavi. Se questi scavi sono stati fatti negli ultimi secoli, per verificare le testimonianze riportate da Dennis e non solo, essi sono rimasti circoscritti in un ambito molto ben ristretto, quello riservato agli addetti ai lavori.
Oggi, fortunatamente, potrebbe non essere così. Partendo dalla descrizione fatta da Policleto e riportate da Dennis, con le moderne tecnologie come le immagini satellitari all’infrarosso o l’utilizzo di droni per lo studio del terreno, sarebbe possibile rintracciare uno tra gli edifici più importanti dell’antica Akragas di cui si è persa traccia. Ne vale la pena, specie se si considera che ancora molte costruzioni come il teatro o l’ippodromo non sono state ancora ritrovate? Parafrasando Indro Montanelli, un luogo che non ricorda il proprio passato è un posto senza futuro. Si tratterebbe di una scoperta dal grande valore storico archeologico, ma anche culturale, per rilanciare il mito dell’antica ospitalità agrigentina, simboleggiato da Gellia, tanto conosciuto dai viaggiatori del gran tour sulla scorta delle parole di Empedocle: “Son le lor case agli ospiti sacrate. E scevro d’ogni mal porlo felice.” Un biglietto da visita in chiave turistica che ben pochi possono eguagliare.