Per svolgere al meglio il servizio di consulenza finanziaria in favore di risparmiatori con un non elevato grado di conoscenza della materia occorre, prima di tutto, analizzare la loro situazione personale, familiare e patrimoniale, nonché gli impegni finanziari in essere non trascurando in alcun modo la loro individuale propensione al rischio e la sostenibilità delle perdite eventuali.
Peraltro, con l’introduzione della direttiva europea 2014/65/UE del 2014, ormai nota con l’acronimo di MiFID 2 – che entrerà in vigore il 3 gennaio 2018 e che approfondirò prossimamente – il concetto di “consulenza” assurge a pilastro fondamentale dell’architettura della direttiva, attività imprescindibile cui gli intermediari finanziari non potranno sottrarsi pena l’impossibilità di collocare strumenti finanziari in senso lato.
Ma a parte i dettami della suddetta direttiva, va da sé che un ottimo servizio di consulenza finanziaria non può mai prescindere da un’accorta attività di pianificazione finanziaria in virtù della quale assistere i risparmiatori retail in modo da indirizzarli verso forme di risparmio/investimento a loro più razionalmente congeniali, con l’obiettivo di ridurre se non addirittura eliminare (cosa assai difficile) l’aspetto emotivo che spesse volte condiziona le opzioni finanziarie.
Capita spesso, infatti, che quando si tratta di argomenti finanziari il risparmiatore-tipo, di fronte alle analisi di un professionista, assume un atteggiamento eccessivamente emotivo che gli impedisce di fare scelte in linea con il suo profilo di investitore.
Sul punto giova una metafora. Se un paziente si reca dal medico a causa di una forte infezione accetta il piano terapeutico proposto dallo specialista, a base di antibiotici per via intramuscolare, e non immagina nemmeno lontanamente di chiedere al medico un banale antidolorifico. In pratica il paziente, messa da canto l’emotività (dolore fisico cagionato dalle punture) prende atto, razionalmente, che l’unico modo per guarire dalla sua malattia è seguire il medico.
Fuor di metafora, oggettivamente quando i risparmiatori debbono optare per le diverse forme di risparmio/investimento, molti agiscono d’impulso spinti dall’onda emotiva e, avversi come sono alle oscillazioni dei mercati, si “giustificano” con sé stessi per la scelta di una determinata forma di risparmio/investimento piuttosto che di un’altra perché nella loro memoria sono rimaste impresse le fasi negative (calo delle Borse in concomitanza dell’attacco alle Twin Towers, calo dopo il default della Lehman Brothers o della crisi delle “quattro banche” (Banca Marche, Popolare Etruria, CaRi Ferrara e CaRi Chieti), ed hanno rimosso dalla loro memoria le repentine risalite dei mercati che hanno consentito ottime performance a coloro i quali si sono fidati dei consigli degli esperti.
Per far sì che il risparmiatore/investitore abbassi il costo emotivo e compia scelte razionali occorre che il rapporto di relazione con il proprio consulente finanziario sia costante e basato sulla reciproca fiducia; solo in questo modo l’osmosi di esperienze, personalità e professionalità potrà consentire di posizionarsi su strumenti finanziari adatti ed in linea con le reali aspettative del soggetto che deve investire al di là dei preconcetti o dell’emotività, spesso cattiva consigliera.
In tutto questo il ruolo del consulente ha un peso specifico proporzionato alla sua preparazione ed alla sua conoscenza dell’investitore perché, potendo agire con il giusto distacco emotivo, potrà certamente indicare soluzioni razionali che se rispettate da ambo le parti (da qui la reciprocità della fiducia cui facevo cenno sopra) faranno centrare gli obiettivi prefissati nel piano finanziario stabilito di concerto con il risparmiatore.
Peraltro, proprio perché è ormai assodato che l’emotività gioca un ruolo fondamentale nella pianificazione finanziaria che la “finanza comportamentale”, branca della psicologia cognitiva volta allo studio ed alla comprensione dei meccanismi che impattano sulle scelte di tipo economo-finanziario assunte dagli individui, è entrata a pieno titolo fra le materie di studio nelle facoltà di Economia e Psicologia.
Parallelamente, il Governo italiano ha messo in campo una serie di iniziative normative sui temi dell’educazione finanziaria in modo da alfabetizzare le nuove generazioni con la concreta intenzione di aumentare la consapevolezza e l’informazione di coloro che fra qualche anno dovranno effettuare scelte razionali ed informate in materia di risparmio/investimenti, previdenza, credito, protezione.
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