La corsa come metafora di vita. Ci ho pensato mentre correvo. Ci ho pensato mentre facevo la mezza maratona a Lisbona durante la quale si sono susseguite, credo , tutte e quattro le stagioni .
Complice un vento particolarmente forte, durante la gara ci sono stati momenti in cui picchiava il sole e il caldo si faceva sentire, momenti in cui il cielo si faceva grigio promettendo tuoni e fulmini e momenti in cui i tuoni e i fulmini diventavano realtà dando vita a violente piogge. E noi? Tutti noi che partecipavamo alla gara? Niente, non potevamo fare niente. Del resto cosa si può fare? Abbandonare la gara? Assolutamente no!
Allora abbiamo lasciato che l’acqua ci bagnasse e che il vento e il sole poi ci asciugassero. Così …. quasi senza dire nulla , a parte qualche coro di “ oh nooo” quando la pioggia era talmente forte da faticare a tenere gli occhi aperti, siamo andati avanti e abbiamo portato a termine ciò che avevamo iniziato, una gara di corsa dal primo all’ultimo chilometro. E forse è proprio così che si dovrebbe vivere, pensavo.
Lasciare che tutto ciò che nella vita accade sia come le condizioni atmosferiche che ci colgono durante una gara di corsa: eventi che possono rallentare il nostro passo, al massimo possono farci imprecare ma che non ci fermano perché non possiamo fermarci. Perché dalla vita non si scende neanche per un attimo, ci stiamo su fino alla data di scadenza . Senza scegliere quando e per quanto tempo. E allora affannarsi perché? Tanto vivi / corri lo stesso anche se diluvia. Perché è così. Perché non puoi fare altrimenti. Perché, cantano i Baustelle, la vita è un gioco senza vincitori.