“C’è più storia nella cronaca che nella storia medesima, e far conoscere i fatti è già un modo per risvegliare le coscienze”. Scrive così, Carlo Levi, nello spazio espositivo al Museo della Memoria a Santa Margherita Belice, dedicato a “I volti del dolore”. Lì, a Santa Margherita, dove la nuova palazzata cerca di nascondere, senza successo, i segni tangibili del terremoto. Quel terremoto che spazzò via la vita di centinaia di famiglie e ridusse a un ammasso di ruderi case, chiese e palazzi, cuore pulsante di ogni comunità.

Case, chiese e palazzi che furono ricostruiti ma “senza alcun confronto con gli abitanti – afferma Rino La Mendola, vicepresidente del Consiglio nazionale degli Architetti – L’idea, che puntava sulla realizzazione di opere di architettura e di arte contemporanea, in questi 50 anni ha mostrato i propri limiti, trasformandosi in una utopia”.

Sabato, al teatro Sant’Alessandro a Santa Margherita Belice, si parlerà di rigenerazione urbana durante il convegno
“I luoghi colpiti dal Sisma del 1968 nel Territorio Belicino della Provincia di Agrigento 
Analisi e Proposte degli Architetti”

Sabato, dalle 8;30, il teatro Sant’Alessandro a Santa Margherita Belice, sarà il luogo in cui si discuterà di ricostruzione, riqualificazione e rigenerazione e non soltanto per i comuni colpiti dal sisma 50 anni or sono, ma anche per i centri storici delle nostre città. E lo slogan del Convegno parla chiaro: rigenerare senza dimenticare, consolidare le radici culturali delle comunità, superare le criticità della ricostruzione, riqualificare le periferie urbane.

Cosa è stato fatto in cinquant’anni e cosa si sarebbe potuto fare per la Valle del Belice?

“Era il 1968 – afferma Alfonso Cimino, presidente dell’Ordine degli Architetti di Agrigento – Non c’erano internet, infrastrutture, telefoni cellulari. Erano luoghi volti all’abbandono. La ricostruzione è avvenuta in aree limitrofe, pensando fossero più sicura e utilizzando il cemento armato, ritenuta una tecnologia migliore. Così è stata creata, ad esempio, una nuova Montevago dove gli abitanti della vecchia non si sono mai riconosciuti. E’ stata riqualificata Santa Margherita nella palazzata dietro alla quale insiste il cimitero del centro storico”.

Ricostruzione, come ha ribadito Rino La Mendola, avvenuta “senza alcun confronto con i cittadini”.

“L’idea su cui, all’epoca, si è fondata la ricostruzione di comuni simbolo, ad esempio Gibellina, puntava sulla realizzazione di opere di architettura e di arte contemporanea, che avrebbero dovuto recitare un ruolo di traino per una ricostruzione di qualità, non solo fisica ma anche socioeconomica e culturale – prosegue La Mendola – In questi cinquant’anni, l’idea del 68 ha mostrato i propri limiti, trasformandosi in una vera e propria utopia. Le cause sono da ricercare, senza dubbio, nel mancato coinvolgimento dei cittadini nel processo di ricostruzione. I cittadini che non hanno mai riconosciuto e fatti propri i contesti urbani su cui sono stati trasferiti interi quartieri e, in qualche caso, intere comunità, come è accaduto nella stessa Gibellina o a Montevago, così come a Poggio Reale o a Salaparuta”.

E a sottolineare “in rosso” l’importanza del confronto con il popolo, è Giuseppe Cappochin, presidente del Consiglio nazionale degli Architetti. Consiglio con posizioni “non sempre in linea con lo slogan ricorrente “dov’era com’era” – chiosa Cappochin – nella consapevolezza che nella ricostruzione bisogna sia alimentare un confronto costruttivo con i cittadini, per progettare una ricostruzione compatibile con le radici culturali della comunità colpita dal sisma, sia porre alla base di ogni scelta una profonda analisi sulla comunità prima del sisma”.

Cinquant’anni dopo il terremoto, la ricostruzione, la riqualificazione e la rigenerazione urbana sono ancora protagoniste e non soltanto per i comuni colpiti dal sisma ma anche per i centri storici che per degrado e stato di abbandono somigliano ai luoghi del terremoto. “Il convegno sui luoghi colpiti dalla catastrofe focalizza l’attenzione sul ruolo, sulle potenzialità di sviluppo dei centri storici e sulle politiche più idonee di rilancio e riqualificazione del tessuto costruito – commenta Pietro Fiaccabrino, presidente della Fondazione Architetti nel Mediterraneo – Abbiamo condiviso con entusiasmo l’idea promossa dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti di organizzare congiuntamente una giornata di confronto culturale sui temi della ricostruzione, della riqualificazione”.

Appuntamento sabato mattina al teatro Sant’Alessandro a Santa Margherita Belice, con illustri ospiti e relatori, per l’evento organizzato dall’Ordine degli Architetti di Agrigento e della Fondazione Architetti nel Mediterraneo, patrocinato dai Sindaci del Belice della provincia di Agrigento – Menfi, Montevago, Sambuca di Sicilia e Santa Margherita di Belice – e dal Consiglio Nazionale degli Architetti PPC, con la collaborazione della Consulta degli Ordini degli Architetti della Sicilia, Ance Agrigento, Sicindustria, Università degli Studi di Palermo e gli Ordini degli Architetti delle province di Trapani e Palermo.

(Nella foto da destra Rino La Mendola, Alfonso Cimino, Pietro Fiaccabrino)