Riceviamo e pubblichiamo
Venerdì 16 novembre alle ore 18:30, si terrà presso la Parrocchia San Giovanni Battista, la “III° giornata della consolazione” per le famiglie, in ricordo di tutti quei giovani che hanno prematuramente perso la vita in giovane età.
L’iniziativa nata e promossa circa tre anni fa, dalla dignora Crocetta Di Marco unitamente con i genitori di Giuseppe Lena, morto anch’egli prematuramente, si ispira dal desiderio di accompagnare e tendere la mano a chi soffre, giacché il dolore e la sofferenza della perdita di un giovane figlio, rischiano di chiudere la famiglia colpita in un isolamento dannoso.
Allora, la comunità ecclesiale risponde a questo dato di fatto, traducendo l’affermazione di San Paolo ai 2Corinzi 1,3-4: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio». I cristiani non possono far finta di non accorgersi, «passare oltre dall’altra parte della strada» (Cfr. Lc 10,31-32), magari per non subire l’inquietudine che la sofferenza – ogni sofferenza – ineluttabilmente insinua. Perciò, mossi da questo atteggiamento solidale, tutti i fedeli cristiani sostengono l’opera del ministero della consolazione, esercitata dalla Chiesa in favore di famiglie duramente colpite e sofferenti, nell’essere state private dal dono e dalla presenza dei loro figli. Essa manifesta la compassione di Cristo Gesù: non è dire a chi soffre: «Mi fai compassione!», nel senso più diffuso del termine; non è solo benevolenza, cioè voler bene all’altro, volere il bene dell’altro, senza coinvolgimento emotivo: quasi che il vissuto emozionale fosse una sorta di pericoloso contagio dal quale difendermi; non è solo beneficenza intesa come fare del bene, dare delle cose. La compassione dei cristiani è la capacità concretamente realizzata di trovarmi intimamente colpito dalla sofferenza dell’altro; è entrare in comunione con la persona che soffre; è voler perseverare con fedeltà nella comunione con l’altro che soffre.
Pertanto, la comunità cristiana è chiamata a consolare, in quanto non possiamo tollerare che l’altro venga distrutto dalla sofferenza: l’altro deve vivere; «consolare un essere significa dirgli: tu non morrai!», come ha fatto Gesù nel sacrificio della croce. Tante famiglie hanno aderito a questo invito di ritrovarsi venerdì 16 novembre, non solo nel condividere lo stesso dolore, ma soprattutto nel sperimentare che nel sostegno reciproco e nella grazia consolante di Dio, si può lenire la solitudine che, la perdita del proprio figlio ha provocato; per offrire un conforto alle famiglie, perché non si sentano sole, ma sperimentino accanto a sé una comunità ecclesiale che li accompagna, prega per loro, mostra vicinanza affettuosa alla loro desolazione, al fine di aprire il cuore alla speranza e alla pace interiore.