La stagione di prosa del Teatro Pirandello di Agrigento si chiude con Sergio Castellitto (nella foto), protagonista e regista di “Zorro. Un eremita sul marciapiede”: uno spettacolo tragicomico tratto dall’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini, in scena sabato 28 maggio alle 21.00 e domenica 29 alle 17,30.
La pièce racconta di un vagabondo, un uomo ai margini della società capace di vedere la realtà osservando la vita delle persone “normali“, così da riflettere sul significato della vita con una capacità di restituire la complessità e l’imprevedibilità dell’esistenza. Come abbiamo più volte anticipato, lo spettacolo va a sostituire “Morte di un commesso viaggiatore”, annullato per la sopraggiunta indisponibilità del protagonista. Inoltre, andrà in scena nei giorni prima destinati a “Il caso Tandoy” che, come detto, ha subito una riprogrammazione totale del tour nazionale, a causa della pandemia. Per i non abbonati, la prevendita di Zorro è già attiva sul sito ufficiale della Fondazione Teatro Pirandello. Unica tappa in Sicilia.
Sergio Castellitto in ZORRO, un eremita sul marciapiede di Margaret Mazzantini. Regia Sergio Castellitto.
Uno spettacolo con protagonista Sergio Castellitto che ritorna sulle scene dopo circa vent’anni, un vagabondo che ripercorre la storia della sua vita e delle scelte che lo hanno portato a vivere sulla strada e nel mentre riflette sul significato della vita. Un uomo ai margini della società capace di vedere la realtà osservando la vita delle persone “normali”. Capace di restituire attraverso una sorta di “filosofare” allegro e indefesso il “sale della vita”, la complessità e l’imprevedibilità dell’esistenza. Uno spettacolo tragicomico ed emozionante.
“Zorro – dice Margaret Mazzantini – mi ha aiutato a stanare un timore che da qualche parte appartiene a tutti. Perché dentro ognuno di noi, inconfessata, incappucciata, c’è questa estrema possibilità: perdere improvvisamente i fili, le zavorre che ci tengono ancorati al mondo regolare. Chi di noi in una notte di strozzatura d’anima, bavero alzato sotto un portico, non ha sentito verso quel corpo, quel sacco di fagotti con un uomo dentro, una possibilità di se stesso? Perché i barboni sono come certi cani, ti guardano e vedi la tua faccia che ti sta guardando, non quella che hai addosso, magari quella che avevi da bambino, quella che hai certe volte che sei scemo e triste. Quella faccia affamata e sparuta che avresti potuto avere se il tuo spicchio di mondo non ti avesse accolto. Perché in ogni vita ce n’è almeno un’altra”.