Ecco il testo dell’intervento di mons.Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, al termine della processione del Corpus Domini
Grazie, Signore, perché come ogni anno ci raduni per le strade della nostra città. E’ bello oggi farlo in comunione, e in qualche modo contemporaneamente, con le chiese di tutto il mondo, che insieme col Papa, in un unico abbraccio – come lui stesso ha chiesto – sollevano gli occhi e le braccia verso di Te per chiedere pace e amore. Tu sai quanto bisogno abbiamo di Te. Te lo dobbiamo dire, non averlo a male. Il cammino della vita, sempre accidentato, fa cresce-re in noi lo sgomento e non raramente ci fa addirittura pensare che Ti sia dimenticato di noi e del mondo. E invece Tu ci rispondi, come stai facendo stasera, venendoci incontro, camminando e stando qui con noi. Parlaci con la Tua Presenza viva d’amore. Vieni, Signore, ad alitare su questa nostra città che sembra avere il fiato corto, e alita su noi che pare giriamo a vuoto, incapaci di so-gnare e di rispondere ai nostri stessi bisogni. Contagia di Te Agrigento perché non permetta che si spenga quel faro che essa, nel passato, è stata per il mondo; perché reagisca all’idea di vedere al-lontanarsi i suoi giovani e non solo; perché non rinunci, ogni giorno che passa, a un pezzo di futuro, sbriciolando le possibilità del pre-sente, nonostante le tante energie, intelligenze e talenti che in es-sa sono presenti. Aiutaci a capire che contemplarti nel segno del Pane non è solo sentire emozioni dentro di noi e chiudere gli occhi per non essere disturbati, ma è come fissare gli occhi su un obietti-vo che fa guardare avanti, lontano, verso il futuro con speranza, facendoci diventare uomini di speranza, intraprendenti e dinamici. Fa’ che l’angoscia e la violenza non trovino posto in Agrigento. È vero, la violenza è tanta in questa terra, lo dicono i giornali, la tele-visione e la radio. Facci capire però che la violenza non è solo quella dei malavitosi. Essa c’è anche quando non si cerca il bene comu-ne, quando esso diventa oggetto d’interessi di parte, quando man-ca la trasparenza, o quando i giovani non hanno più una ragione per sperare, o quando mancano progetti attorno ai quali fare soli-darietà, resurrezione, speranza. Aiutaci a desiderare il volto di una città “amica”, luogo non di chiusura ma luogo umano e di umanizzazione, di crescita e di relazione. Tu stasera hai percorso le strade che sono lastricate dall’ indifferenza e perché no dall’ostilità di noi cittadini: aiutaci a sentire il bisogno di una “cultura dell’incontro”, che diversamente dalla vio-lenza mafiosa, non esclude, non divide, non contrappone, ma dia-loga e cerca condivisione. Facci riscoprire il valore che è dentro di ognuno di noi e che è den-tro di chi ci sta accanto. Aiutaci ad apprezzare il bisogno di sentirci responsabili gli uni degli altri. Facci recuperare il senso di appartenenza a questa terra. Facci riscoprire l’indignazione, ma anche la volontà di reinventarci e di organizzare la speranza. Dicci che non abitiamo questa città per un caso, ma che se ci siamo è perché c’è un motivo, aiutaci perciò a capire “come” abitarla, in quanto citta-dini e in quanto cristiani. Signore, il Tuo amore trasforma il pane e il vino in Corpo e Sangue, il divino in umano, il cuore di pietra in cuore di carne. Anche noi, agrigentini, con il Tuo aiuto, vogliamo diventare segno e strumento di trasformazione. Ma per riuscirci devi aiutarci a capire che questa città cambierà solo se ognuno di noi cambierà, si rinnoverà, si convertirà a nuove logiche e a nuovi orizzonti. Facci convincere che abbiamo bisogno di Te per rispondere alla nostra fame di pane, di lavoro, di dignità, di accoglienza, di giustizia, di onestà, di coscienze responsabili, di cittadini vigili e non rassegnati, di uomini aperti alle ragioni di tutti, di cuori che battono, amano, si confrontano, si riconoscono… Fa’ che questa città diventi “casa” del Tuo Pane, anzi facci pure buoni come il pane, capaci cioè di profumare di armonia, di bene, di unità. Impregna della Tua Presenza le nostre giornate, le nostre strade, il nostro lavoro e la nostra fede. Accendi le nostre coscien-ze intorpidite o acquiescenti. Facci fuggire dall’omologazione, rendici donne e uomini capaci di creare, sognare, progettare, condivi-dere. Aiutaci a capire che per il cristiano umanizzare la città significa svolgere la missione che Dio Padre gli ha affidato, e per ogni cit-tadino è vivere lo spazio della sua vita con dignità, la stessa dignità degli altri uomini come lui. Papa Francesco ci ha ricordato che “non si è cristiani a tempo, ma totalmente, in ogni momento”. Signore, fa’ che le nostre parroc-chie e le varie aggregazioni, la nostra Chiesa insomma, si renda conto di ciò che questa città ha bisogno e chiede: di uscire, cioè, dal nostro isolamento, dal narcisismo, anche se devoto, e di impegnarci a tracciare progetti comuni anche con chi non condivide la nostra fede. Fa’ che finalmente riusciamo a capire che Tu non solo sogni che le nazioni abbattano i muri di divisione ma che le comunità ecclesiali – e questo per esse dovrebbe essere più facile, per-ché hanno il Vangelo come regola di vita – imparino ad accorciare le distanze mentali e comincino a collaborare e a condividere tra loro attività e progetti, diventando così per tutti esempio di comunione. Toglici la paura della differenza e della pluralità, rendici aperti a cammini di conoscenza reciproca in cui ognuno può espri-mere la sua bellezza e la sua specificità. Aiutaci a non essere vili, a non tacere di fronte al male, all’ingiustizia, alla falsità, a non fuggi-re davanti alle nostre responsabilità. Liberaci dall’illusione che per vivere meglio si deve fingere di non vedere e di non capire, chiudendoci e sperdendoci in pii ma infruttuosi sentieri spirituali. Fa’ che, come credenti, non rimaniamo estranei alla realtà che ci circonda, ma che ci impegniamo al servizio della città e di chi la abita, infondendo fiducia ed entusiasmo. Ricordaci che la fede non può essere vissuta privatamente tra Te e ciascuno di noi, o dentro le mura delle chiese, ma deve immergersi nelle problematiche e nelle contraddizioni del contesto sociale in cui e di cui si alimenta. Tu che Ti sei fatto Pane per noi, donaci le ragioni, la forza e il co-raggio di non farci da parte e di non nasconderci dietro la respon-sabilità degli altri, limitandoci solo a condannare e a lamentarci. Mi piace terminare ripetendo a te, anche a nome della mia gente, quasi fosse una preghiera, quanto ho trovato scritto: “Sogno? No, voglio costruire una città che accoglie, una città coraggiosa, che ri-scaldi, che si commuova, che ispiri, perché in questa città cresce il pane della mia vita”. Grazie Signore! Amen.