Il Centro Culturale Pier Paolo Pasolini ha scritto al Sindaco del Comune di Agrigento ricordando che sono passati quasi cinquant’anni dalla frana di Agrigento e dopo tutti questi anni la città non ha avuto modo di ricordare Mario Alicata, uomo politico di grande spessore morale e culturale che denunciò lo scempio e la devastazione della città di Agrigento durante il fenomeno della frana.
Lo fece in Parlamento e proprio dopo l’intensa seduta del 5 dicembre 1966 alla Camera dei deputati si accasciò e perse la vita a quarantotto anni.
Le chiediamo, signor Sindaco, di sopperire a questo ritardo storico e Le chiediamo di intitolare una strada cittadina, magari nell’area interessata alla frana, a Mario Alicata.

Ecco, una breve biografia: Mario Alicata (Reggio Calabria, 8 maggio 1918 – Roma, 6 dicembre 1966) è stato un partigiano, critico letterario e politico italiano. Figlio dei siciliani Antonino Alicata e Luigina Fazio-Allmayer, nacque a Reggio Calabria, dove il padre esercitava le funzioni di ingegnere capo del Genio civile. Dal 1925 studiò a Palermo e poi, dal 1933, nel Liceo classico Torquato Tasso di Roma, dove la famiglia si era trasferita essendo stato il padre nominato ispettore del ministero dei Lavori Pubblici. Con Bruno Zevi, Paolo Alatri, Carlo Cassola e altri compagni di scuola, fondò il Circolo giovanile di cultura moderna. Nel 1936 s’iscrisse alla Facoltà di lettere dell’Università di Roma, facendo parte del Gruppo Universitario Fascista e partecipando ai Littoriali della cultura e dell’arte del 1937 a Napoli e del 1938 a Palermo, dove si classificò all’ottavo posto.
In questi anni, Alicata entrò in contatto con molti giovani studenti antifascisti, come Pietro Ingrao, Carlo Salinari, Mario Socrate, Carlo Muscetta, Aldo Natoli, Lucio Lombardo Radice, Paolo Alatri e Paolo Bufalini, collabora con il quotidiano romano «Il Piccolo», con la rivista Primato di Bottai, con i settimanali letterari «Il Meridiano di Roma» e «La Ruota», e iscrivendosi al Partito comunista clandestino nel 1940, anno nel quale si laureò con la tesi Vincenzo Gravina e l’estetica del primo Settecento, discussa con Natalino Sapegno, del quale divenne assistente.
Nel 1941 divenne redattore della sede romana della casa editrice Einaudi con Giaime Pintor e Carlo Muscetta e sceneggiò per il cinema diversi racconti di Verga e, per Luchino Visconti, Il postino suona sempre due volte di James Cain, da cui fu tratto il film Ossessione, uscito nel 1943 tra lo scandalo delle autorità fasciste.
Sposatosi con Giuliana Spaini nel dicembre 1941, l’anno dopo fu arrestato e liberato alla caduta del fascismo. Partecipò alle Resistenza nella Roma occupata dai tedeschi dirigendo con il democristiano Alberto Canaletti Gaudenti e il socialista Olindo Vernocchi il giornale unitario dei sindacati «Il Lavoro italiano» e fu tra i redattori de «L’Unità» clandestina, diretta da Celeste Negarville.
Subito dopo la liberazione di Roma, fece parte della giunta del Comune di Roma. Dal 1945 al 1948 diresse il quotidiano napoletano «La Voce», nel 1946 fu eletto consigliere comunale di Napoli, nel 1948 diresse con Giorgio Amendola il settimanale comunista «La Voce del Mezzogiorno», fu eletto deputato alle elezioni del 18 aprile 1948 nella circoscrizione di Napoli-Caserta, fu nominato segretario regionale del Partito comunista in Calabria e divenne membro del Comitato centrale del PCI.
Nel 1950 fece parte della segreteria del Comitato nazionale per la rinascita del Mezzogiorno, che dispose un’inchiesta sulle condizioni delle popolazioni meridionali, pubblicata su «La Voce del Mezzogiorno», e fu relatore di minoranza nella commissione parlamentare che discusse i risultati dell’inchiesta. Rieletto deputato nel 1953 e nel 1958 per la circoscrizione Catanzaro-Cosenza-Reggio Calabria, fu anche sindaco di Melissa dal 1953.
Dal 1954 al 1964 diresse con altri, tra i quali Giorgio Amendola, Francesco De Martino, Gerardo Chiaromonte, Giorgio Napolitano e Rosario Villari, la rivista «Cronache meridionali». Dal 1955 diresse la commissione culturale del PCI, fu membro della direzione del Partito dal 1956, e dal marzo del 1962 fu direttore de «L’Unità». Nel febbraio 1963 firmò l’editoriale del primo numero della rivista teorica «Critica marxista», anno nel quale fu rieletto deputato nella circoscrizione di Siena e dal 1964 fu membro della segreteria del Partito comunista.
Nell’agosto del 1966 denunciò in Parlamento la devastazione compiuta ad Agrigento dalla speculazione edilizia, e nell’ultimo discorso tenuto alla Camera, dopo l’alluvione di Firenze, accusò le classi dirigenti di essere incapaci di tutelare il patrimonio artistico italiano. Morì improvvisamente a Roma il 6 dicembre 1966, a quarantotto anni.
Il discorso integrale alla Camera su Agrigento è possibile trovarlo a questo indirizzo:
http://legislature.camera.it/_dati/leg04/lavori/stenografici/sed0568/sed0568.pdf