A seguito della presa di posizione della Cisl Poste – in questi giorni – si è appreso dagli organi di stampa che l’azienda ha rinviato a luglio la razionalizzazione degli uffici postali (chiusura 450 uffici in Italia di cui 27 in Sicilia), in quanto “Poste Italiane vuole procedere all’attuazione del piano di razionalizzazione solo dopo aver completato il dialogo avviato con le Regioni, per l’analisi di dettaglio dei territori”. Infatti attraverso una nota, la società fa sapere che “la presenza territoriale è elemento fondante del Piano industriale di Poste, che ha come principale obiettivo quello di includere tutti i cittadini nella trasformazione digitale”.
Per il segretario regionale della Cisl Poste Giuseppe Lanzafame “L’azienda ha deciso la chiusura di detti uffici a seguito del c.d. Decreto Scajola. Decreto che è stato votato dagli stessi parlamentari che oggi, a seguito di centinaia di manifestazioni e di alzata di scudi – soprattutto da parte della Cisl – stanno chiedendo di rivedere la decisione di Poste. Come dire, i cittadini smentiscono quello che il Parlamento legifera”.
“Sull’argomento, la Cisl è parecchio perplessa e preoccupata – spiega Lanzafame – perché non vorremmo – come spesso avviene in questo paese – che la manovra serva solo a fare cassa e che decisioni così rilevanti siano state prese, come si usa dire, da “quattro amici” mentre le conseguenze le pagheranno i lavoratori, l’azienda e i cittadini”.
Poi continua “il nostro debito pubblico attualmente ammonta a circa 2160 miliardi, mentre la prevista privatizzazione del 40% di Poste Italiane porterà nelle casse solo dello Stato 4 miliardi. Allora ci chiediamo: Poste Italiane va privatizzata perché occorre ridurre il debito pubblico, oppure la retorica ideologia del debito pubblico serve a privatizzare Poste Italiane?”
“A noi sembra solamente un concentrato di proclami, pericoloso, perché ci sorge il forte dubbio che a fare le spese di questa operazione saranno i lavoratori e gli utenti con basse capacità economiche, mentre se ne gioveranno solamente i futuri acquirenti di Poste, che sono i reali emissari di questa operazione, necessaria per poi procedere tranquillamente alla cassa”.
Ma mentre la Corte dei Conti bacchetta Poste Italiane per aver pagato troppo i loro (troppi) dirigenti, l’ingegnere Caio si preoccupa di costituire altre poltrone ad hoc per nuovi top manager con stipendi a cinque zeri. Peccato, però, che il Cda di Poste gli blocca il tentativo di acquistare dall’Eni una villa a Grottaferrata per circa 15 milioni di euro da destinare al centro di formazione delle Poste. Il palazzo, abbandonato da tempo, era una delle sedi dei corsi di formazione dell’Eni e cosa peggiore, scopriamo, di tanto sperpero di denaro, 1.500.000 euro per ristrutturazioni, delle sedi centrali (uffici dei manager) presso la sede romana dell’Eur.
“Siamo davanti all’ennesima furbata. Crediamo che sia il caso di ricordare all’amministratore delegato – afferma Lanzafame – le inadempienze aziendali che hanno, di fatto, vanificato il progetto di ristrutturazione di Servizi Postali, pregiudicando le condizioni dei lavoratori, della sicurezza e dell’utenza”.
ù“In diversi uffici della provincia di Agrigento ma anche nel resto della Sicilia – conclude Giuseppe Lanzafame – sovente i computer degli sportelli si guastano, i portalettere non sono nelle condizioni di consegnare nemmeno la posta per la mancanza di motomezzi, che “piove” dentro alle strutture aziendali e che manca, persino, la carta igienica. Allora lasciamo volentieri a Caio questa convinzione: chi lavora nel pianeta Poste, conosce la realtà, e le illusioni le lascia ad altri”.