Voglio iniziare questa recensione facendo un breve riferimento ad “UNA STORIA SEMPLICE” di Leonardo Sciascia.
Il libro si apre con un epigrafe di Durrenmatt: « Ancora una volta voglio scandagliare scrupolosamente le possibilità che forse ancora restano alla giustizia ». Ed è importante cominciare proprio da qui. Perché è esattamente questo lo scopo che si prefigge Sciascia con questa sua opera: “scandagliare le possibilità che forse ancora restano alla giustizia”, cioè andare alla ricerca, e raccontare, di chi della giustizia fa ancora un obiettivo, un’aspirazione.
Ed il brigadiere, uno dei protagonisti della storia, è proprio la rappresentazione di questa “possibilità”; un uomo semplice ed onesto, costretto a muoversi tra questori superficiali e commissari conniventi. Ma se è esatto che riuscirà a raggiungere la verità, purtroppo va anche detto che non riuscirà ad ottenere giustizia, andando così Sciascia a condividere con Durrenmatt un certo pessimismo nei riguardi di forze dell’ordine e magistratura, spesso impossibilitati, una volta scoperta una malefatta, a punirla e ad affermare la giustizia. Ma quel senso di giustizia va mantenuto e protetto, sembra volerci dire Sciascia, anche contro tutto e tutti, anche se in minoranza.
O come, sempre di Sciascia, “IL GIORNO DELLA CIVETTA”, romanzo di forti contrapposizioni, C’è contrapposizione di caratteri tra i personaggi. Contrapposizione tra chi pensa ai «metodi forti dei tempi di Mori» e chi, come il capitano Bellodi, li rifiuta. Contrapposizione tra chi vede la mafia e chi la nega. Contrapposizione di «uomini e non», anzi per dirla con le categorie di Don Arena, di «uomini e mezz’uomini, di ominicchi, piglianculo e quaquaraquà». Contrapposizione infine tra Italie diverse, a Sud e a Nord della «linea della palma», fotografate all’alba d’un miracolo economico già denso di poteri occulti e speranze disattese. Che c’entra tutto questo, che c’entra Sciascia con Renato Schembri?
C’entra proprio quando il nostro protagonista, il giovane Francesco, dovrà decidere tra l’omertà, oppure trovare il coraggio di denunciare gli assassini di quell’omicidio che lo vede come testimone; c’entra quando dovrà decidere se vivere all’interno di quel sistema mafioso presente nel territorio o rimanere veri e avere la coscienza pulita; c’entra per la sua sicilianità pulita come quella di Sciascia.
Le STAGIONI DEL SILENZIO è un libro non solo da leggere ma da rileggere e regalarlo alle nuove generazioni.
Una sorpresa questo libro, una bella sorpresa.