Ripercorriamo il weekend cestistico di Bologna, sede delle Final 8 di Coppa Italia, con gli occhi del più giovane telecronista della LNP TV: Salvo Trifirò.
2 Marzo – Credo fermamente nell’impostazione diaristica per rendere partecipe chiunque sia coraggioso nell’aver voglia di leggere queste tante noiose righe. Il mio obiettivo non è nulla di trascendentale, non voglio inculcare nulla nelle menti di nessuno. Nessuna pubblicità, niente di niente. Mi sono accorto semplicemente di sorridere e di soffrire di istinti logorroici quando qualcuno mi chiede “com’è andata a Bologna? Avete vinto?”.
Istinti logorroici dettati dal voler comunque raccontare ogni particolare, ringraziando tra le righe chiunque abbia reso possibile questo. Il basket rappresenta una fetta importante della mia vita, mi tiene impegnato sotto ogni profilo, senza mai farmi pesare nulla, neanche quando devi rinunciare a qualcosa o qualcuno per stare li ad ammirare ogni sua peculiarità, un tiro, un passaggio, un blocco. Bologna è la cornice di un evento che attendo da marzo 2016, ovvero dal mese in cui finì lo stesso evento dell’anno prima. Praticamente un’attesa incredibile. Grazie alla mia attività di redattore ho l’opportunità di sedermi al tavolo insieme agli esempi più alti di giornalismo per confrontarmi con loro ed imparare qualcosa da loro. Inoltre, anche quest’anno, miracolosamente per diversi motivi, la mia Fortitudo (“mia” perché quando si ama qualcosa si cerca in tutti i modi di identificarla con aggettivo possessivo, prima persona singolare) è di nuovo protagonista. Tutti elementi per iniziare qualcosa di indimenticabile.
È giovedì, giorno prima dell’esordio, ho tutto pronto, amo organizzare nel minimo dettaglio qualsiasi cosa, dalla carta d’identità indispensabile per prendere un volo, alle cuffie per ascoltare della buona musica che aiuta sempre a trovare l’ispirazione. Esco di casa, l’aeroporto dista qualche chilometro, pochi, ma bisogna comunque prendere un autobus. Arrivo alla fermata, siamo in pochi. Come al solito, all’inizio di un’avventura, mi sento benissimo, ho tutta la voglia di vivere a pieno questi benedetti 3 giorni. La sera prima ricevo dei complimenti da una persona che sfortunatamente conosco poco a causa della distanza ma che so benissimo sia una sorta di enciclopedia della pallacanestro.
I complimenti sono attribuibili ad un articolo di presentazione dello scenario di questo evento, pezzo scritto in preda alla sessione invernale di esami, ma con un cuore colmo di aspettativa. Arrivo in aeroporto, 150 minuti di anticipo, siamo io e due bolognesi che sento in lontananza discutere su una “partita di Domani sera”, nella quale “bisogna fare attenzione perché i siciliani sono sempre stati tosti”. Ho capito benissimo, mi avvicino e, rigorosamente sorridente, chiedo: “VIRTUSSINI?”, mi rispondono quasi increduli, come se a Palermo fosse incredibile incontrare qualcuno che sa cosa sia la Virtus Bologna. Si accorgono di aver trovato l’eccezione, chiacchieriamo per qualche minuto, poi ci auguriamo buon viaggio, dato che mi sono accorto che sul tablet ho salvato Roma-Agrigento, prima giornata della RS. La rivedo, solo perché non ho voglia di dedicarmi a qualcosa di diverso da quello a cui mi dedicherò nei prossimi giorni. Pausa aereo, nella quale sto scrivendo proprio queste parole che state leggendo. Arrivo a Bologna, ad aspettarmi c’è mio cognato. Sfortunatamente non avrò modo di torturarlo tutta la notte sulle mie sensazioni per la partita di domani. È ora di dormire, domani la sveglia, per volontà solo mia, suona presto. Voglio andare alla Unipol, non importa chi o cosa troverò. Anche se il mio lavoro inizia alle 13:15 andrò li, a costo di guardarla da fuori per ore, non mi stancherò.
3 Marzo – Una nottata praticamente infinita, ho la sveglia alle 8 ma i miei occhi si aprono regolarmente ad intervalli di 30/40 minuti. Ignaro dell’orario, ad un certo punto decido di alzarmi e mi accorgo che sono le 7:30. Posso uscire, esco. Anticiperò di un’ora la partenza per l’Unipol. La stazione sembra introvabile ma, grazie a qualche indicazione, riesco ad entrarci. Compro il biglietto in una tabaccheria dove c’è di tutto, manca solo la simpatia della venditrice che comunque mette nelle mie mani quel tanto sperato biglietto e, visibilmente seccata, mi spiega fermata e binario. Sono le 9:18, si parte, direzione Unipol Arena! E’ il momento della mia piccola Odissea, il tempo sembra non passare mai, mi siedo sul ciglio della strada vicino al parcheggio dell’Unipol solo per vedere arrivare i giocatori, la fortuna mi assiste e riesco ad incontrare praticamente tutta la Virtus Bologna. Successivamente mi sento un po’ in imbarazzo, del resto con lo zainetto in spalla ed il cappellino la somiglianza con un clochard si fa più intensa. Sono le 11:00 e decido di pranzare perché voglio avere la sicurezza di ritirare il mio accredito Media il più presto possibile, un po’ di patate al forno e si ricomincia, zaino in spalla e mi metto in fila.
“Signor Trifirò, il suo accredito si trova ad Ozzano”. Ahia, praticamente a 25 minuti da Mantova – Biella, l’unico modo per entrare si trova a 40 km di distanza ed il mio unico mezzo di trasporto sono delle stanchissime gambe. Vi risparmio i particolari di questo inconveniente che mi costerà i primi tre quarti della gara. Un collega, Matteo, mi accompagna gentilmente a prendere il mio accredito, ne esce fuori una piacevole chiacchierata di basket, che non fa mai male. Quando ho l’accredito in mano ritorna quel sentirsi bambino, un’emozione indescrivibile che culmina con l’ingresso nella mastodontica Unipol Arena, lacrime su lacrime, non riesco a trattenermi, ho un debole per le grandi cornici sportive. Biella batte Mantova, subito una sorpresa per il mio pronostico. Faccio la conoscenza di Federico e Pier, due colleghi che, per motivi logistici conoscevo solo tramite social.
Neanche a dirlo, si sono dimostrati 2 ragazzi d’oro, come se ci conoscessimo già da anni, in pieno stile Basketinside. È il momento di Treviso – Roma, partita da overtime, altro mio pronostico. Ci vado vicino, perché Treviso vince di un solo punto dopo essere stata sotto di 10 a pochi minuti dalla fine. Partita che passa in secondo piano, motivo? Questo 3 Marzo è stato ricco di incontri, il primo quello dei miei due carissimi amici Andrea e Matteo, studenti fuori sede che non vedevo già da mesi, poi è il turno di Sacca che, dopo due splendidi anni ad Agrigento, ha scelto Treviso dopo avermi regalato tante emozioni ed essersi dimostrato una persona splendida fuori dal campo, siamo rimasti grandi amici, un orgoglio. L’ultimo, ma non meno importante, il mitico Giovanni, persona genuina e squisita per la quale nutro grande affetto e grandissimo rispetto. Alle 18:30 mi trasferisco in gradinata per godermi le ultime due combattutissime partite, che alla fine non si sono dimostrate tali. Trieste e la Virtus abbattono rispettivamente Legnano e Agrigento. Preferisco non far riferimento alla “non partita” dei ragazzi, preferisco sottolineare 120 persone al seguito con 1000 km di distanza da casa ed un’atmosfera che sapeva di grande basket, con i miei commenti da morire dal ridere a distanza col simpaticissimo cugino acquisito Marco. La giornata, incredibile, si conclude qui, anche oggi il basket al centro di tutto, come deve essere e come sarà anche domani, nonostante manchi la parte del cuore biancoazzurro. Vado a letto dopo aver rivisto la mia ragazza a distanza di un mese, mi vede un po’ giù ma non ci fa nemmeno caso perché mi conosce e sa benissimo il motivo. Poi prima di addormentarmi mi rivede felice, dato che il basket non è finito e ,come il commento al mio post di un altro caro amico “Ciccio”, non finirà mai.
4 Marzo – A Bologna si intravede qualcosa che assomigli ai raggi del sole, a dire il vero sono abbastanza stranito. L’impostazione della giornata è la stessa di quella prima e sarà la stessa del giorno dopo. Sveglia presto, colazione in un bar rigorosamente Fortitudino a due passi dalla stazione, treno alle 10:18, ore 10:34 mi ritrovo quella mastodontica arena. La sensazione ormai la conosco bene, perdere il venerdì era già successo a Rimini e, dallo sconforto iniziale che mi faceva pensare ad un week-end, soldi, sudori, lacrime perse, si è passati, anche quest’anno alla semplice gioia di poter vedere una partita da bordo campo. Pranzo alle 11:30, pressatelli ai funghi porcini, TANTA ROBA, in Emilia – Romagna, come in tutta Italia, si mangia da Sultano. All’ingresso vedo l’altra parte di redazione, Davide, Ale, Fabrizio e Marco, il quale il giorno primo allo sfuggente incontro in quel di Ozzano, mi aveva stretto il braccio dicendomi “imbarazzante”.
Intervento ultra condivisibile perché in riferimento al fatto che io abbia dovuto fare altri 50 KM per ritirare il tesserino per entrare al Palazzetto. Più in generale questo aggettivo starebbe bene al 50% dell’organizzazione totale, chissà, magari queste righe verranno lette ai piani alti e cercheranno di buttarmi fuori da non so dove come hanno fatto ad un collega dopo il suo post, cinico e perfettamente descrittivo della vera realtà dei fatti, sul suo profilo privato, apparso poi per 40 minuti in tutta i maxischermi della Unipol. Entriamo, dopo immancabili altre vicissitudini, prendendo i posti che ci servono. La novità di giornata è la serie B, campionato da me sconosciuto erroneamente. Valmontone, Napoli, Orzinuovi e Montegranaro, quattro bellissime realtà tutti con mille storie diverse. Giocatori del calibro di Nikolic, Maggio, Visnjic, Valenti, Cantone, Rizzitiello, Gueye, Perego, Tourè, che potrebbero tranquillamente disputare un campionato di categoria superiore. Le 2 partite le guardo con l’occhio dell’appassionato, il recap non spetta a me. Per iniziare a muovere le dita devo aspettare l’inizio delle semifinali di A2, momento che coincide con la frenetica corsa alla postazione alla quale io mi aggrappo simpaticamente scrivendo su una pagina word: “QUESTO POSTO E’ OCCUPATO.”
Non ho esagerato, avevo il presentimento che qualcuno potesse davvero pensare che il semplice computer sul banco aperto e la giacca sulla sedia non bastasse per occupare la postazione. La colpa di questo a chi può essere attribuita? Insomma, per le semifinali rimango l’unico redattore della testata, pagelle e recap per due partite che distano 30 minuti, praticamente mi chiudo in me stesso e taglio ogni possibile contatto esterno dal mondo che sto creando. Biella-Treviso è uno spettacolo bidimensionale, sugli spalti rimango attratto dai “Fioi”, la tifoseria organizzata della squadra veneta, città nella quale sono cresciuto. Per questo, per loro e per l’amicizia di cui sono onorato che mi lega a Saccaggi, divento un tifoso occasionale della squadra di Pillastrini.
Sottolineo anche che il rispetto e l’affetto che nutre nei miei confronti una parte di questa tifoseria mi rende orgoglioso Biella la vince perché più solida e vola in finale. Altro giro, altra corsa, la Virtus che ci ha massacrato solo 24 ore prima, affronta una squadra che amo veder giocare Trieste. Questa mia passione viene giustificata dai primi 3 quarti della gara, i biancorossi giocano un basket semplice, essenziale e bello. Hanno un ragazzo americano, Green che mi ricorda in maniera chiara Kelvin Martin, ragazzo fantastico e giocatore formidabile che incantò il Palamoncada l’anno scorso. Green ne fa 37 con incredibile semplicità, recuperando, tra le altre cose, 7 palloni. Il quarto quarto, però, premia la Virtus che trova il 7/9 da 3 punti del centro titolare, ossimoro vincente. Biella-Virtus la finalissima. Bene, anche oggi si può tornare a dormire, manca solo l’ultimo atto, il basket non è ancora finito. Ultima ciliegina, ad aspettare con Giulio e Federico l’autobus, ci imbattiamo in 4 tifosi Triestini, orgogliosissimi della loro squadra, giustamente aggiungerei.
5 Marzo – Final Day, nessuno si ricorderà mai dei secondi. Si vede che sia un giorno speciale dalla facilità con la quale entriamo al Palazzetto, oggi ci siamo veramente tutti, fotografi e redattori di Basketinside arruolabili e pronti per scendere in campo(tribuna stampa). In campo ci scendiamo io, Pier e Davide. Teorema della pallacanestro, postulato n°23: “Abbiamo un campo da gioco con 2 canestri, se su quel campo si trovano 3 palloni, allora accadrà sicuramente che 3 appassionati prendano i 3 palloni e comincino a giocare, non importa che si tratti di un campetto per strada o di uno dei campi da gioco più importanti d’Italia.” Il fatto di far canestro o meno non fa parte del teorema.
Io sono stato uno di quei 3, l’occasione era troppo ghiotta, del resto discreti giocatori hanno mosso quella retina e si sono appesi a quel canestro. Fortunatamente il basket non è quello che gioco io e, con incredibile intensità, me lo fanno capire Napoli ed Orzinuovi, le finaliste del torneo di B. Bene, finale super combattuta, Maggio, che dopo 30 secondi di gioco accusa un problema e ruba qualche anno di vita ai napoletani, rientra per il secondo tempo e vince la partita con il canestro della vittoria.
Il lasso di tempo che intercorre fra la fine e l’inizio dell’altra finale è un riempirsi degli spalti di tifosi, Biella in particolare regala un colpo d’occhio stupendo. Una delle immagini che porterò sempre con me è Ferguson che prima di entrare in campo urla ai tifosi che esultano come se avesse segnato, ma di che parliamo?! Meraviglia! La partita è qualcosa di pazzesco, dal vivo mai vista un’intensità del genere, Hall è un marziano, fa 13+13 solo alla fine del primo tempo, praticamente serve un cecchino per fermarlo, rimango incredulo. Durante la partita discuto con Ale da una parte e intravedo Davide dall’altra che trema in maniera evidente riascoltando l’intervista a Ponticiello, coach di Napoli, freschissimo di vittoria. Davide è un tifoso di questa squadra che ne ha passate davvero tante, è il mio intransigente capo e vederlo così mi emoziona non poco. All’intervallo vado in sala stampa per chiedere le foto del recap a Pier, lo vedo in lacrime, anche lui napoletano. Io mi sciolgo di fronte a queste cose. La partita riprende e la storia non cambia di nulla, non molla nessuno un centimetro, tranne un Udom alla fine che, dopo aver giocato una partita splendida, commette l’errore decisivo. Bologna, sponda Virtus, la vince. Non so quanto sia stato giusto, ma la sensazione era che non avesse rubato nulla, ha giocato il suo basket fisico, forse sbagliando un po’ più del solito, ma è la squadra nettamente più forte, non ci sono dubbi. Spissu vince l’MVP, probabilmente non ha sbagliato una tripla dall’angolo in tutto il torneo. Dopo lo scambio di simpatici ed affettuosi “vaffa” tra due amici come Spissu e Carrea in sala stampa, il giovane sardo dice di ispirarsi ad Isaiah Thomas, beh. La fine di tutto è un susseguirsi di emozioni, foto di rito a centrocampo, bacio il parquet, mi guardo intorno, non voglio uscire da lì. Si torna alla vita normale, a cena vado in una toasteria, sulla lavagna vedo scritte dediche da trevigiani e trestini, qualcuno prima di me era passato lì, non sono bravo a raccontare probabilmente, ma mettetevi nei miei panni, io mi emoziono quando vedo i tifosi della pallacanestro, è più forte di me, mi rende felice, in altri modi non so spiegarlo.
6 marzo – conclusione, si torna in Sicilia, non sono triste, più che altro sono davvero stanco, sono stati 3 giorni intensissimi, emozioni senza sosta. Le cose che porto nel cuore sono infinite. Ho rivisto la mia ragazza dopo diverso tempo, ho apprezzato l’ospitalità di suo fratello, mio cognato.
Ho rivisto Andrea I., Matteo, Andrea R., ho rivisto il mitico Giovanni, ho visto 120 persone vestite di biancoazzurro alla Unipol Arena. Ho conosciuto e confermato splendide conoscenze con i miei colleghi, persone stupende una dietro l’altra, loro sanno a chi mi riferisco. Insomma, ne ho vissute davvero tante. In qualche modo dovevo pur farlo e, siccome la timidezza non mi permette di dirlo con le parole, scrivo un immenso “GRAZIE”.
Grazie a mamma e papà che non hanno esitato a concedermi tutto questo, grazie ai miei colleghi che mi hanno fatto sentire a casa, grazie a Martina che crede in me come nessuno, grazie a tutti coloro che mi hanno seguito sul mio profilo facebook e riempito di belle parole, non facendomi sentire un perfetto cretino. Per concludere torno all’inizio del racconto, vi ricordate quando vi parlavo della famosa domanda “com’è andata? Avete vinto?”?. Ovviamente è arrivata, non ho detto che abbiamo perso subito, ho detto che abbiamo vinto, o almeno io, insieme al mio astratto compagno di vita abbiamo vinto, perché quando il basket riesce a farti piangere con un semplice tiro della vittoria significa che abbiamo vinto tutti. Anche questa volta è stato indimenticabile e, sono convinto, lo sarà anche per tutte le altre volte.
Grazie, viva la pallacanestro.
Salvo Trifirò