“Persino chi non ha mai approcciato un libro di biologia o di scienze naturali in genere sa per sentito dire che le piante in genere, ma in particolare la cosiddetta vegetazione ripariale che cresce sulle sponde dei corsi d’acqua è in grado di svolgere una importantissima funzione fito-depurativa risultando per ciò stesso di grande utilità sul piano ambientale e della salute pubblica” afferma Claudia Casa, direttore di Legambiente Sicilia e presidente del Circolo “Rabat” di Agrigento, che continua: “Abbiamo ribadito questi elementari concetti più e più volte, nel corso degli anni, a chi ci chiedeva perché mai ci ostinassimo a difendere l’integrità del canneto sviluppatosi lungo il breve corso d’acqua che, dipartendosi dall’abitato del Villaggio Mosé e attraversando la Via Cavaleri Magazzini, sfocia sulla spiaggia delle Dune, all’altezza dell’omonimo ristorante. Abbiamo spiegato che quel canneto rappresentava la soluzione messa a disposizione da Madre Natura per fronteggiare l’atavica emergenza rappresentata dall’odiosa persistente pratica degli sversamenti abusivi di acque nere tanto nelle condotte delle acque bianche quanto nei valloni, con pregiudizio per la salute del nostro mare e dell’ambiente circostante. Abbiamo rilevato e documentato con foto e video diffusi pubblicamente come il prezioso lavoro di depurazione svolto dalle piante avesse favorito la presenza di uccelli tipici delle zone umide, come la Gallinella d’acqua, il Tuffetto, l’Usignolo di fiume e la Cannaiola, nonché di esemplari della Testuggine palustre di Sicilia e della Biscia dal collare, in aggiunta a diverse essenze. Eppure tutto ciò non è bastato, evidentemente, a far desistere chi si era messo in testa che quel canneto che occultava parzialmente la vista sul mare era uno sconcio e che come tale andava eliminato mediante recisione e bruciatura della vegetazione e conseguente compromissione non solo della zona umida in questione ma anche delle altrettanto importanti funzioni svolte dall’habitat dunale e da quello costiero.
Su questa vicenda – conclude la dirigente legambientina – pretendiamo che chi di competenza, ed in primo luogo l’Ufficio del Demanio Marittimo, faccia luce e che si risalga nei tempi più rapidi ai responsabili di un’attività posta in essere contravvenendo in primo luogo al buon senso ed in seconda battuta alle norme sia in materia di opere eseguite su beni demaniali che per quanto che riguarda la tutela e la conservazione degli habitat naturali”.